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Sulla vivace, imprevedibile vita politica italiana.

    Ho provato più volte a scrivere questo articolo, ma sistematicamente mi blocco.

    Davvero, sono spiazzato: provo e riprovo ad analizzare in maniera razionale le “novità” politiche degli ultimi tempi, ma non ci riesco.

    Per cercare di chiarirmi la situazione voglio elencare, a memoria, i principali fatti politici degli ultimi mesi.

    L’ 8 Settembre 2007 ha avuto luogo il V-Day di Beppe Grillo. Partito in sordina, inizialmente ignorato dagli organi d’informazione ufficiali, ha avuto invece largo seguito popolare, catalizzando la frustrazione diffusa nei confronti di una politica pagliaccesca, demagogica, ipocrita.

    Normalmente bollo queste iniziative come qualunquiste e senza futuro: “Viviamo in un paese dove si verificano sempre le cause e non gli effetti”, scriveva Calvino ne “Il Barone Rampante”.

    Eppure, per più di un momento ho avuto l’impressione che davvero fosse giunto il momento di un cambiamento, che davvero si fosse pronti a un rinnovamento sano, propositivo, partito dal basso eppure pronto ad arrivare in alto.

    Anche il mondo politico ufficiale ha percepito che qualcosa, in basso, ha tremato: e ha reagito a modo suo.

    Prima è stato il tempo delle voci scandalizzate da un lato, delle bonarie “aperture alla discussione” dall’altro.

    Poi è giunto il tempo delle “risposte concrete”.



    Oh, scusate: forse è il caso che le citi, queste “risposte concrete”.

    Mi riferisco ovviamente alla nascita del “Partito Democratico”, così moderno, così propositivo; che davvero “risponde ai bisogni del Paese”; che finalmente dà spazio a voci nuove: ad esempio quelle di Prodi, di Veltroni, di Fassino, di Rutelli.

    Ovviamente, sull’onda di questo circolo virtuoso, anche la Destra ha compreso la necessità di adattarsi ai tempi nuovi.

    Ed ecco che viene sciolta “Forza Italia” (guidata da Silvio Berlusconi), ecco che nasce il “Partito del Popolo delle Libertà” (guidato… Da Silvio Berlusconi).

    Quello che trovo davvero preoccupante, in tutto questo, è la voglia di dialogo tra i due “nuovi” schieramenti. In un mondo ideale, con una politica degna di questo nome, avrei salutato questa come la volontà di un confronto critico e costruttivo.

    Ma siamo nel mondo reale, in Italia: se due coalizioni politiche, che fino al giorno prima si erano beccate in modo bambinesco, improvvisamente cambiano pelle e si vengono incontro a braccia aperte, mi sembra lecito avere qualche sospetto.

    Il mio sospetto è che, in maniera più o meno consapevole, ci si stia movendo verso il partito unico: bandite ‘destra’ e ‘sinistra’, concetti obsoleti; banditi gli ideali, sciocche pastoie da sognatori; la strada è finalmente sgombra per collegare i due estremi del parlamento in un solo grande schieramento (privo di caratterizzazione, ideali e obiettivi: ma che importa?).

    Ho il terribile sentore che il malumore dell’elettorato stia ricevendo la peggiore delle risposte: anziché fermarsi e ripensare sé stessa, la classe politica sta preferendo la via opposta, rafforzando i propri privilegi di casta, sicura dell’indifferenza e dell’inerzia dell’elettorato.

    Forse la mia visione è troppo influenzata dall’orwelliano “1984”.

    Forse la situazione non è così tragica: ma teniamo gli occhi aperti.