10 Agosto 2005
Non è facile scrivere un diario a posteriori. In realtà mi è accaduto spesso, al ritorno dai viaggi: portavo il diario con me ma quasi non lo toccavo fin quando, tornato a casa, non mi rendevo conto che sarebbe stato bello conservare un resoconto di ciò che era successo, i pensieri, le emozioni, le ispirazioni. Ma ormai erano momenti passati: quindi mi limitavo ad annotare qualcosa di sintetico e sommario, in fin dei conti inutile.
Stavolta è diverso: ho sperimentato un modo nuovo di viaggiare, o meglio ho sperimentato il vero viaggio: sono stato in Corsica in bicicletta, da solo. Mi sono mosso in autonomia, con un ritmo che era solo mio. Quando volevo mi fermavo, riposavo, legavo la bici per esplorare i dintorni a piedi; spesso sfoderavo diario e penna all’improvviso per delle rapide annotazioni o, nelle soste, per pagine intere di parole e disegni.
Il ritmo della pedalata sprona il viaggiatore solitario alla silenziosa osservazione dei luoghi che si attraversano: al mio quaderno confidavo riflessioni, più o meno profonde o deliranti a seconda della temperatura e dei chilometri già percorsi. Ma il Viaggio, proprio in quanto tale, è caratterizzato da imprevisti ed incidenti: la notte fra il terzo ed il quarto giorno di viaggio, sulla spiaggia di L’Île-Rousse, io ho subito il più fastidioso e frustrante. Sprovvedutamente, mi ero sistemato per la notte sulla spiaggia di fronte alla cittadina, con lo zaino in fianco a me, senza imboscare nel sacco a pelo tutte le cose più utili o preziose (tranne il portafogli, per fortuna). Al mattino lo zaino era scomparso: dei miserrimi ladruncoli da spiaggia si erano involati praticamente tutto il mio bagaglio. E con esso: cellulari, occhiali da sole… Ma soprattutto il diario. Con tanti appunti a cui tenevo…
Sono riuscito a rimettermi “in pista”, senza abbandonare con la coda fra le gambe: e di questo vado fiero. Ma un certo autismo letterario mi ha trattenuto dal continuare un diario personale nei giorni successivi: anche se in realtà ne ho tenuto uno epistolare, con le missive quasi quotidiane agli amici. Quindi ora mi accingo a scrivere questo strano ibrido: memorandum tecnico-cicloturistico, diario a posteriori, appunti epistolari fusi insieme.
3 Agosto 2005: Bastia – St.Florent (25 km)
Mi sveglio prima dell’alba, per essere a Genova in orario per l’imbarco (intorno alle nove).
I due o tre giorni prima della partenza sono stati bui: una mescolanza di tensione e sciocche paure mi hanno attanagliato. Varie le motivazioni, ma ricordarle ora ha un’importanza molto relativa: mi basta iniziare il viaggio e riprendo a vedere le cose dalla giusta prospettiva, con un’ottica equilibrata.
La nave con cui viaggio, la “MOBY Freedom”, mi posa quindi sul molo del porto di Bastia. Il caos mi lascia un po’ stranito e quasi fuggo dalla città, cominciando a pedalare verso San Florenzu per la via più breve: fra le montagne. E’ un battesimo di fuoco! Di questa prima tappa, di soli 25 km, ben dodici sono rappresentati da una ripida, implacabile e ininterrotta salita. Massacrante: le auto in senso contrario mi incitavano con colpi di clacson mentre avanzavo sotto il sole meridiano. Mi rendo conto che in Corsica la pianura è un bene raro: passo da 0 a 536 m s.l.m. (Col de Teghime), poi finalmente mi godo la brezza della discesa sfrecciando fino a St. Florent. Breve tappa al mare, e pernotto in una spiaggia isolata fuori paese. Prima notte solitaria sotto un cielo stracolmo di stelle. Bellissimo.
4 Agosto: St.Florent – Oletta – Murato – St.Florent (50 km)
Sono restio ad affrontare la tappa verso L’Île-Rousse: mi intimidisce dover affrontare il “Desert des Agriates”. Non so cosa aspettarmi da un luogo con un tale toponimo: la guida ne parla come un’area stupenda ma disabitata, larga solo una ventina di km ma aridissima. Per prendere dimestichezza con la bici e capire quanta acqua consumo opto quindi per una tappa ad anello nell’interno di Saint Florent, dove incontro un cicloturista francese con più esperienza che mi rassicura: il Desert è molto arido, ma con tre bottiglie d’acqua (che rappresentano la mia riserva quotidiana di sicurezza) si può stare tranquilli.
Riscrivere di questa prima vera giornata in Corsica mi infastidisce un poco, perché è come rassegnarsi alla perdita di tutto ciò che già scrissi quel giorno. Mi ero anche fermato a tracciare un bello schizzo della facciata della chiesa di San Francesco, sulla strada per Oletta, primo esempio di romanico corso da me incontrato. Alla fine del viaggio ne avrei viste innumerevoli: ma in quel momento ero pieno di entusiasmo per la novità di questa chiesetta semi-abbandonata, con la facciata semplice e morbida, immersa nel verde di enormi eucalipti.
Superata Oletta mi lancio verso Murato: un km prima dell’abitato, proprio alla deviazione verso Pieve e quindi St. Florent (strada D162 che immette sulla D62) c’è una comoda fontanella… Ma soprattutto l’incredibile San Michele de Murato: una chiesetta in stile romanico pisano in piena Corsica! Sembra un’allucinazione, con le sue pietre bianche e nere e i suoi bassorilievi, appoggiata in cima ad un colle anonimo, riarso e pietroso.
Anche tutti i paeselli successivi hanno la loro brava chiesa romanica, più o meno bella ed originale. Vicino ad una ( quella di Pieve, se non sbaglio: la più bruttina, avendo mantenuto solo la facciata originale) ci sono anche tre menhir preistorici tristemente incastonati nel cemento.
5 Agosto: St.Florent – L’Île-Rousse (47 km)
Epica traversata del deserto degli Agriati, paesaggio lunare di roccioni modellati dal vento. Qui
persino il verde della macchia mediterranea sembra grigio. Sulla piazzola di un tornante ho una sconcertante visione: una signora svizzera di mezza età prende il tè sola, sull’orlo di un burrone. Alla fine richiude sgabello e tavolino, chiude il bagagliaio e riparte.
Prima di L’Île-Rousse mi fermo in una spiaggia lunghissima che mi ricorda qualcosa: c’ero già stato da bambino coi miei. Navigavamo sul nostro enorme canotto blu nella palude salmastra dietro la spiaggia, e io facevo scappare le rane cantando a squarciagola “Sandokàan, Sandokàan”.
6 Agosto: L’Île-Rousse – Calvi – Galéria (24+40 km)
Che brutto svegliarsi e accorgersi che qualcuno ti si è avvicinato mentre dormivi e ti ha derubato dello zaino, ovvero in pratica del 90% del già esiguo bagaglio. Tutto il mio disprezzo per questi ladruncoli della domenica. Ma che fessacchione pure io! In che mondo fatato credo di vivere? L’esperienza acquisita sulla propria pelle è senz’altro la più durevole, ma anche la più difficile da digerire.
Stamattina mi sentivo come anestetizzato: sono andato da L’Île-Rousse a Calvi in treno, come già avevo progettato per evitare una brutta strada; ma in ogni caso non avrei avuto la forza di muovere un pedale, credo. Ora, dopo aver comprato cibo ed equipaggiamento per 35€ al Supermarket, sono più o meno di nuovo in pista. La metà dei miei acquisti ha per marchio la testa di moro: sembro una via di mezzo fra un ciclo-barbone e l’attore di una promozione turistica, ma almeno non sono più sul punto di abbandonare e tornare a casa. Qui a Calvi sono le quattro: ora che fa un po’ più fresco riparto, mi aspetta una strada che credo bella e poco trafficata.
Tra circa tre giorni farò ritorno a L’Île-Rousse: nutro ancora l’innocente speranza di ritrovare qualcosa. Da lì prenderò il treno verso l’interno per visitare Corte, che mi dicono sia bellissima; poi da lì di nuovo in treno per Bastia, dove gironzolerò un po’ prima di tornare a casa.
7 Agosto: Galéria – Montegrosso (43 km)
Stanotte ho dormito sulla grande plage di Galeria: sarà lunga mezzo chilometro, con delle grotte ad una estremità ed una torre in rovina all’altra. Non credo di ricordare un cielo tanto stellato quanto stanotte! Prima sono comparse quelle più luminose, poi quelle più piccole ma fittissime. Sulla costa ovest della Corsica, dove mi trovo, c’è sempre vento: e questa è una di quelle spiagge di sassi misti dove ci sono sempre onde. All’inizio il rombo delle onde mi ha messo un po’ di inquietudine, poi il loro ritmico “Thwoom, Twhoom” è diventato una cantilena che mi ha cullato nel sonno. Un sonno un po’ agitato, per la verità: faceva freddo (nello zaino rubato c’era anche la felpa), ma soprattutto temevo l’arrivo di qualche malintenzionato (possibilità in realtà alquanto remota). Ho dormito con lo zaino dentro il sacco a pelo e con la mano sul coltello piantato nella ghiaia. Stamattina appena sveglio mi sono concesso qualche bracciata (il 2° bagno in 5 giorni) ed ora aspetto che il mio unico paio di pantaloncini/costume si asciughi. Ho già fatto colazione e ho pianificato le prossime tappe. Stamattina faccio due passi qui in zona, nel pomeriggio parto per Calenzana (prima tappa giornaliera di due o tre verso Isola Rossa, dove prenderò ancora il “trenino giocattolo” verso Corte).
Montegrosso, 7 Agosto, 19:40
Scrivo da quest’assurdo paesello sperduto fra i colli dell’interno corso: “threscènto abitonti”, compresi i turisti, come mi ha ragguagliato la raffinata matrona che gestisce l’unico bar. Mi sa che mi toccherà dormire su una panchina. Quanto meno, qui nei paesi “non c’è paura”, mi ha detto un vecchietto, dopo un lungo discorso in corso che ho capito quasi perfettamente: assomiglia ad un antiquato e un po’ storpiato italiano, con un forte accento sardo.
Qui è pieno di cani assonnati e la gente è proprio quella “di paese”: tutti si conoscono e si salutano con due baci sulle guance, su ogni panchina di pietra sono seduti degli anziani ad osservare i rari passanti, e basta un francobollo di terra perché si improvvisi una partita a bocce (anche i giovani, anzi soprattutto loro!) che sembra essere lo sport nazionale francese. Mi aspetto quasi di vedere la gente che torna dai campi con la zappa in spalla.
Già domani nella tarda mattina sarò di nuovo alla famigerata Île-Rousse (oggi pomeriggio ho macinato senza problemi più chilometri del previsto): il tempo di controllare alla Gendarmerie e di verificare l’esistenza di un eventuale “ufficio oggetti smarriti”, e prenderò il treno per Corte.
Che bella che è quest’isola, nonostante la mia disavventura!
8 Agosto: Montegrosso – St. Antonino – Lozari (32 km)
9 Agosto: Lozari – Patrimonio – Centuri (98 km!)
Nonza, 9 Agosto, ore 13:10. Dopo lo scorno ferroviario di L’Île-Rousse [pochissimi i treni per Corte, e tutti con supplemento fisso di 18€ per la bici, qualunque fosse la tratta] avevo quasi deciso di far ritorno a Bastia per la stessa via dell’andata, un po’ tristemente, per poi pedalare nelle zone vicine. Ieri invece ho incontrato una coppia di italiani (due torinesi: lei un’eterna universitaria, studentessa in farmacia da OTTO anni; lui deejay della squatter “Radio black-out”) che mi hanno detto meraviglie di questa Nonza dove ora mi trovo.
Inizialmente pensavo di fare solo una deviazione dalla strada per Bastia che passa per le montagne, ma una volta qui ho cambiato idea: seguirò tutta la strada costiera che circonda il “Dito”, su verso Cap Corse e poi giù fino a Bastia (dove arriverò forse già la mattina dell’11). Oggi, fra il bis del Desert de les Agriates e la prima tappa lungo il “Dito”, mi papperò circa 70 km. Domani e dopo saranno solo una trentina abbondante di chilometri giornalieri.
10 Agosto: Centuri – Bastia – Miomo(76 km)
11 Agosto: Miomo – Bastia Vecchia (5 km)
Bastia, 11 Agosto 2005. Mentre scrivo me ne sto appollaiato sul muretto proprio all’estremità del molo del porto vecchio, sotto il faro. Mi godo un po’ di vento e lo scarso sole che oggi filtra dalle nuvole basse: tra poche ore mi imbarco verso il “Continente”. Stanotte ha piovuto e la prossima notte minaccia di ripetersi: visto che anch’io comincio ad essere un po’ stanco, ho deciso quindi di anticipare la partenza. La vecchia Bastia mi sovrasta: assomiglia ad una delle cittadine della costa ligure, con le case accatastate sui vicoli del budello e troppi scalini da salire con la bici al seguito, visto che non mi fido a lasciarla sola: mi accontento di osservare il borgo da qui; per ora sono abbastanza sazio di esplorazioni.
Ho perso il conto dei giorni passati dall’ultima doccia: comincio ad emanare un vago aroma caprino, i miei unici capi di vestiario oramai stanno in piedi da soli. L’altro giorno, allo specchio del campeggio, mi è parso di essere un po’ dimagrito. Ho proprio bisogno di una bella doccia e di una dormita al morbido; mi è persino venuta voglia di una bistecca al sangue con patatine fritte. Sono felice di questa mia avventura, pur con le sue disavventure o forse anche grazie ad esse: è stato un viaggio, con la sua dose di improvvisazioni e di imprevisti, come lo sognavo fin da piccolo.
Guardo la bici legata in fondo alla scalinata, proprio vicino all’acqua. Un tipo che prima si è tuffato qui nel porto vecchio (!) ora si asciuga al sole. Ci sono tante barche, a vela e da pesca. Un catamarano è appena salpato.
C’è proprio aria di mare.
In totale percorsi 416(+24 in treno) km in 9 giorni, ovvero una media di circa 46 km al giorno.